ISOLA DI SAN NICOLA
L'isola di San Nicola è un'isola dell'Italia appartenente all'arcipelago delle Isole Tremiti (o Diomedee), in Puglia, nel mar Adriatico.
Rientra amministrativamente nel comune delle Isole Tremiti (di cui è sede municipale ed amministrativa), sotto la giurisdizione della provincia di Foggia.
L'isola si sviluppa su una superficie di circa 42 ha, per una lunghezza di 1.600 metri, una larghezza di 450 metri, con uno sviluppo costiero di 3.700 metri e ha un'altezza massima di 75 metri s.l.m.[2].
Dista 350 metri da Capraia, 450 metri da San Domino e 350 metri dal Cretaccio.
L'isola si presenta stretta e lunga ed è costituita da un altopiano roccioso con coste verticali a picco sul mare, con tratti di falesia che raggiungono i 60 metri d'altezza.
Seguendo il perimetro dell'isola in senso orario, partendo dal Porto di San Nicola di Tremiti o Scalo Marittimo, troviamo l'Acquedotto (detto anche Acquedotto di San Nicola), una costa a falesia originata dagli intensi fenomeni erosivi legati alle mareggiate del vento Scirocco, la Punta del Cimitero (luogo più settentrionale dell'isola), con una scogliera a strapiombo, la Cala della Punta del Cimitero, con un punto di approdo, la Grotta del Ferraio e la Muratta, un promontorio il cui nome deriva dai murattiani insediatisi nell'isola durante l'età napoleonica.
Mentre a San Domino spetta il titolo di più bella per gli aspetti paesaggistici, San Nicola è sicuramente la più interessante per i resti monumentali, testimonianza della storia delle isole: torri, fortificazioni imponenti, muraglie, ridotti, chiese e chiostri di una fortezza-abbazia, Santa Maria a Mare, nella quale si alternarono i Benedettini cassinesi, dal IX secolo, i Cistercensi, dal 1237 al 1313, ed i canonici Lateranensi, dal 1413 sino alla fine del Cinquecento.
La forma dell’isola risulta allungata, con una costa frastagliata, difesa da grossi scogli e pareti a picco sul mare. Nella parte Ovest dell’isola troviamo torri, castelli e le antiche mura di cinta. Questo versante è il meno scosceso, calando in maniera piuttosto dolce verso una spiaggetta arenosa, dove c’è la Marina, con annesso porticciolo. Dal porticciolo si può salire verso l’abitato prendendo l’unica porta di ingresso, salendo attraverso una rampa tra il monte ed una feritoia, usata dai monaci per scrutare il mare. Attualmente a San Nicola sono presenti due B&B, qualche ristorante - pizzeria, diversi bar e numerosi miniappartamenti in affitto. Oltre che, come tutte le Tremiti, un meraviglioso paesaggio, San Nicola offre monumenti che il turista deve assolutamente visitare, tra i quali citiamo per importanza:
-
Torrione del Cavaliere del Crocifisso;
-
Il Castello dei Badiali;
-
Abbazia S. Maria
Da un punto di vista paesaggistico-naturalistico, a destra del moletto, è possibile ammirare la Grotta di San Michele, il cui fronte sembra raffigurare un teschio. La grotta è molto famosa anche per il colore delle acque al suo fianco: azzurro-turchesi fosforescenti.
Più in là ci sono gli Scogli Segati, un enorme masso dirupato dall' isola e spaccatosi nella caduta perfettamente in due, come segato da mani esperte.
SAN NICOLA DI TREMITI
San Nicola, vasta km 1,600 è il capoluogo dell’arcipelago, all’inizio fu chiamata Santa Maria e consacrata alla Santissima Vergine, mentre la parte verso levante a San Nicolò, il primo eremita che si ritirò in questo luogo, egli nel 311 d.C. edificò, su richiesta della Madonna apparsa in sogno, la Chiesa su cui più tardi sorse il Tempio-Santuario, ha al suo interno muraglie, torrioni, chiesa e campanile.
Una volta sbarcati, fatti pochi passi, si arriva a una grande e solida porta di legno che rappresenta l’unica entrata dell’isola, davanti alla quale vi è una garitta cilindrica in muratura. Da questa porta ha inizio la rampa che condurrà al paese: rampa delimitata da mura con larghe feritoie che alternativamente danno sulla baia. Si giunge quindi ad un secondo portale sormontato da una torre con due piombatoi, una lapide in pietra con agli estremi dei bassorilievi di armi ammonisce “Conteret et confriget” cioè “Stritolerà e spezzerà”.
Proseguendo si entra in un buio porticato dove si trova la Cappella votiva della Madonna delle Grazie, sull’arco del porticato è scolpito lo stemma dei Benedettini, si continua a salire, ancora mure, feritoie, strapiombi e un altro portale con cancellata in ferro: la Torre del Pennello, dove gli stranieri dovevano deporre le armi prima di entrare nella fortezza.
Si raggiunge cosi’ il primo terrazzamento, costituito da due vie parallele lungo le quali abita la maggior parte dei nativi, sullo sfondo il castello fiancheggiato sulla destra da un torrione angioino, scomparso il ponte levatoio, vi si entra a mezzo di una scalinata. Si continua a salire tra masti merlati e vedette, cortine e piombatoi, e ad un tratto si para davanti una gradinata e poco più su la facciata della Chiesa di Santa Maria di Tremiti. Sorta nel 311 e successivamente viene sostituita verso l’XI sec. per volere dei Benedettini provenienti da Montecassino.
Durante il regno di Federico II il complesso religioso e quindi l’Arcipelago, conobbero un periodo di decadenza che si protrasse fin quando non arrivarono i Cistercensi che, con l’aiuto degli Angioini, ampliarono e consolidarono le fortificazioni dell’isola di San Nicola. Elemento architettonicamente dominante è il portale decorato con rilievi marmorei, all’ interno troviamo mosaici pavimentali romanico-bizantini, il presbiterio, il portale della sacrestia, il soffitto ligneo della navata centrale , l’eccezionale crocifisso ligneo del sec.XII ed un polittico veneto della metà del ‘400.
Secondo una leggenda narrata dalla “Cronica istoriale di Tremiti”, composta in latino nel 1508 dal vercellese Benedetto Cocarella e successivamente volgarizzata a Venezia nel 1606, da Pietro Paolo di Ribeira Valentiniano, si dice che nei primi anni del IV sec. d.C., quando le isole erano disabitate e divenute rifugio di ladri e corsari, si ritirò sull’ isola di San Nicola, un venerabile sant’ uomo, Elia, desideroso di quiete e vita solitaria, per dedicarsi a Dio e alla contemplazione. Contento per la dolcezza del clima e della solitudine, si costruì un rifugio e si accinse a trascorrere la sua vita. Un giorno, mentre era assorto nella preghiera, ebbe la visione della Vergine Maria, ella gli disse di alzarsi e prendere un secchiello con il quale avrebbe dovuto scavare in quel luogo e dove avrebbe trovato un tesoro; prenderlo e con quello andare a Costantinopoli dove avrebbe dovuto comprare tutto ciò che serviva per la costruzione del Tempio, secondo i suoi dettami. L’eremita non obbedi’, allora la Madonna gli apparve una seconda volta e con viso alterato e occhi sdegnati, lo rimproverò aspramente, cosi’ senza indugio e con grande scrupolo, il frate fece ciò che gli era stato ordinato, infatti trovò alcuni vasi contenenti monete d’oro e argento e un corona anch' essa d’oro che si riteneva appartenesse al re Diomede. Con il tesoro il frate parti’ e, in alcuni giorni come si racconta, o addirittura nel corso di una notte, giunse a Costantinopoli, dove acquistò il materiale per edificare la chiesa e con gli artefici fece ritorno a San Nicola.
La chiesa fu eretta e la fama dei miracoli si sparse, affluirono i visitatori, tanto che il frate ottenne dal Papa di affidare il santuario e le isole alla cura e all’ amministrazione di religiosi ma dopo poco tempo frate Elia mori’. Arrivarono così i Benedettini, che, ingrandirono la chiesa, poi i Cistercensi e nel secolo XV i Lateranensi. Furono proprio questi ultimi che la abbellirono, ampliarono e rifecero il tempio, il monastero ed il castello. I Lateranensi fronteggiarono gli assalti dei pirati, famosa fu la vittoria da essi riportata dal 5 al 7 agosto del 1567, contro centocinquanta galee turche, riscattando cosi’ la terribile strage che aveva subito il monastero da parte dei pirati dalmati al tempo dell’amministrazione dei Cistercensi. Da allora si sparse la voce che il monastero di Tremiti era particolarmente ricco di ori e ornamenti, cosi’ i corsari di Almissa ricorsero ad uno stratagemma per impossessarsene: veleggiarono verso San Nicola e approdarono sotto mentite spoglie nel porto, portando con loro una cassa da morto dicendo che in essa giaceva un loro compagno morto. Chiesero ai frati di poter effettuare una sepoltura cristiana, e questi, senza sospettare nulla, l’accordarono. Giunta la bara in chiesa , ad un tratto questa si apri’ e balzò fuori un uomo armato fino ai denti, i complici gli diedero man forte ed in poco tempo, i religiosi furono massacrati.
L’abbazia rimase deserta e abbandonata per molti anni, fino al 1412 quando arrivarono i Canonici Regolari Lateranensi. Nel seicento iniziò il declino della badia, Ferdinando IV di Borbone nel 1780 soppresse l’abbazia e nel 1792, istituì una colonia penale: ai carcerati fu dato in consegna un corredo di piante, in modo che essi potessero coltivare olivi e vigne e, nel 1843 la gloria del monastero fini’.
L’isola continua per oltre un chilometro deserto, abitato solo da piante, dove,si narra, che approdò Diomede, dopo la guerra di Troia, quando scoperto il tradimento della moglie Egialea, fuggi’ con i suoi compagni verso l’occidente. Durante una tempesta nel mare Adriatico le sue navi si ritrovarono casualmente presso le Isole Tremiti alle quali, una volta sbarcato, Diomede diede il proprio nome. Sulla sua morte nacquero numerose leggende ma la più accreditata lo vede morto in un duello con il fratello per una questione amorosa e, conseguentemente, sepolto sull’ isola di San Nicola dai suoi compagni in un sepolcro tra i platani, nel luogo dove sorge l’abbazia. Subito dopo la morte di Diomede, gli Illirici occuparono le isole e ne cacciarono gli abitanti, Venere si vendicò mutando le loro anime in uccelli marini e li pose a guardia del loro capo,e ancora oggi , al calar della sera, le diomedee, una sorta di gabbiani endemici delle isole della famiglia delle Procellarie, si racconta che prendessero l’acqua del mare nel rostro e la spruzzassero sulla tomba di Diomede, inoltre, se capitavano Greci sull’isola, volavano festosi intorno ad essi, ma se erano di nazionalità diversa, li ferivano con il rostro.
L’isola con il suo monastero fu definita dal Bertaux la Montecassino in pieno mare, restano le strutture , i fabbricati che erano le cucine, il refettorio dei frati, il macello, la spezieria, i pozzi, i corridoi i portali finemente scolpiti ecc.